Il Forte Leggero di Giovanni Pinosio

La fragilità diventa il cuore scultoreo di una vecchia fortezza militare

La fragilità diventa il cuore scultoreo di una vecchia fortezza militare

Riccardo Benedini Gennaio 2022
Gennaio 2022

Un artista che utilizza il filo di ferro per creare spazi e oggetti unici. Giovanni Pinosio, con le sue sculture in filo di ferro, incarna proprio questo: un artista responsabile della felicità dello spazio che arreda.

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“Fino a che punto?” chiese l’immaginazione.

“Fino all’attimo in cui non sarò più in grado di reggere le vibrazioni incessanti delle tue domande.”

“Le mie domande sono le tue domande, ricordi?”

“Proprio per questo devi costruirmi una casa che non tema l’inquietudine. 

  No anzi! Trovami un forte. Si, un forte come quelli della guerra, ma fallo leggero! ”

“Un forte leggero?”

“Si un forte che non tema di essere espugnato. Un forte per le mie domande. Le tue domande. 

  Un forte che sia forte per la nostra leggerezza.”

 

Questa conversazione è l’architettura della fuga premeditata di un uomo qualsiasi da – e con – la propria immaginazione. Egli accenna ad un pericolo imminente, talmente imminente da tenerlo segregato per anni all’interno di quella che è divenuta la sua fortezza inespugnabile. Con il passare del tempo, tuttavia, il dubbio lo assale: dove si trova il vero pericolo? Fuori o dentro di me? 

Il confine tra le due cose è talmente sottile da condurlo inesorabilmente a riconoscere, come unica fortezza possibile, la propria fragilità.

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“Quello spazio, così vuoto, era in realtà pieno di attesa, di dubbi, di cose da dire. Inserirvi le mie figure era come rendere, nel mio piccolo, tangibili quei pensieri” Giovanni Pinosio

Lo scultore, già noto come creatore di spazi immaginari, decide questa volta di mettere in scena il tabù della fragilità umana in un modo del tutto singolare, ovvero scegliendo di arredare una fortezza militare abbandonata in cui la guerra non è mai, invero, arrivata. 

Per questa metamorfosi architettonica, nonché spirituale, l’apparente ossimoro “Forte Leggero” è il nome che l’artista sceglie ironicamente per raccontare questo gioco di introspezione che: “dall’essere pesanti per gli altri, ci può rendere leggeri per noi stessi.”

Nella realtà, il sito oggetto dell’installazione si chiama “Forte Mezzacapo” e venne realizzato come secondo arco parallelo a quello dei forti più vecchi per rafforzare la piazza di Venezia-Mestre all’inizio del secolo scorso. Si tratta di un’opera notevole che si sviluppa su oltre 100 m. di larghezza, 30 m. di profondità e 5-6 m. di altezza. La pianta è a forma di C, con un rientro centrale dove sono presenti quattro finestre. Tutti i soffitti sono a volta con intonaco, così come tutti gli interni. Nonostante lo stato di abbandono in cui riversa oggi, la fortificazione si presenta intatta nelle strutture poiché, come già sottolineato, non è mai stata coinvolta dalla furia delle due guerre mondiali ma bensì sfruttata, per molti anni, come polveriera dall’esercito Italiano. 

 

Proprio questa particolarità storica offre a Pinosio la metafora perfetta da cui far partire il suo nuovo viaggio immaginario:“Siamo come una polveriera che attende e freme, in attesa del nemico che mai arriverà”

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Il forte che Pinosio si trova davanti è in crisi con sé stesso. 

Le aspettative bellicose per cui è stato costruito non si sono mai avverate: “Perché non è accaduto?”. Disarmato nel ventre della sua stessa corazza, la fortezza consegna il suo cuore piombato all’artista perché egli ne declini una nuova anima scultorea. Un nuovo sentimento. Un nuovo coraggio. L’arena onirica di Pinosio corrisponde ora al perimetro del suo subconscio.

L’architettura esterna del forte inizia così, pian piano, ad alleggerirsi del proprio volume, spostandolo verso l’interno, dove l’artista scolpisce il primo vero dialogo liberatorio della fortezza. Una confessione composta da circa otto gruppi di figure che sembrano moltiplicarsi, attendere e svanire, simbolicamente a rappresentazione della parola che prende coraggio, che si ritrae, che attende, che scopre. 

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In questa dolce introspezione, l’artista non lascia mai il dialogo. Sente di doverlo inseguire allo stesso modo in cui, quelle presenze leggere in filo di ferro, quasi eteree, sembrano inseguire lui. Lo conoscono, lo anticipano. Un inseguimento che appare prima una comprensione, poi un sogno premonitore ed infine una danza, dove a condurre è solamente la salvifica e disarmante unione tra l’uomo e la sua immaginazione. 

“Il forte che doveva essere forte ad ogni costo, è ora finalmente leggero” ripete ancora l’artista sotto la cupola dell’osservatorio che domina l’area sinistra dell’edificio. Le linee del suo volto, così come quella della sua scultura, riflettono una luce nuova e stravagante: il coraggio di essere fragili ha preso il sopravvento. Eco dopo eco, filo dopo filo, Giovanni ha risalito il suo forte.

Come artista, arredare un sito militare di questa portata ha messo veramente in discussione la mia idea di luce e di ombra. Quando sono entrato le mie paure erano diverse. Vorrei che chiunque provasse la leggerezza del mio forte” Giovanni Pinosio

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Il Forte Leggero di Giovanni Pinosio

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