Macchina da scrivere

L’oggetto che rivendica la propria dignità grazie al filo di ferro.

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L’oggetto che rivendica la propria dignità grazie al filo di ferro.

Riccardo Benedini Settembre 2021
Settembre 2021

Un design che crea empatia e mette in discussione l’osservatore grazie a forme e volumi mutevoli a seconda di dove li si osserva. Un gioco tridimensionale capace di ribaltare i parametri di ogni bravo arredatore e di sorprendere nella propria irriverente ma raffinata movenza.

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“Macchina da scrivere” è il dono che Giovanni Pinosio porge al visitatore che entra nel suo laboratorio per la prima volta. Proprio così, poiché un oggetto che “crea parole” è il miglior benvenuto alla curiosità. Ognuno di noi, nel proprio immaginario, ha almeno per una volta desiderato appoggiare le proprie dita sui tasti rilucenti di una storia, ma ditemi: cosa succede se questa storia è fatta di filo di ferro? Sempre affascinato da tutti quegli oggetti vintage che ricordano, nei modi più ignoti, sentimenti quali l’attesa, la riflessione e l’intimità, Giovanni Pinosio nel 2017 inizia finalmente a ridisegnare il volto di tutte quelle forme che abitavano il suo laboratorio di scultura. Il filo interiore che connetteva l’artista al loro involucro era sottile, vibrante ma allo stesso tempo saldo e rassicurante. Pinosio sembra definire questo legame “matassa dell’attrazione”.

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Ho continuato a srotolare il filo di metallo fino a generare uno scheletro e da quello scheletro sono emerse le sembianze di un oggetto nuovo. I suoi contorni emergevano come desiderio di affrancarsi sul volume. Creavo leggerezza e dovevo educarmi a quella magia”.

Giovanni Pinosio

L’artista, nella sua personale interpretazione, si dichiara comunque fedele all’oggetto originale.

Le sue proporzioni vengono studiate e riprodotte attraverso il disegno, che Pinosio rende tridimensionale applicandolo poi alla scultura. Durante questa fase, l’oggetto di partenza è spesso presente mentre, altre volte, l’artista si avvale di fotografie. L’immaginazione, che in tutto questo processo sembra all’apparenza assentarsi, è invece colei che destruttura il volume, ristabilendo il giusto equilibrio tra l’identità dell’oggetto ed i suoi contorni.

Il filo di ferro, impreziosito con ottone, viene annodato, saldato ad argento e verniciato. Ne risulta un’opera leggerissima, a dimensione naturale, che si alza e si sposta con una mano. Pensata per l’interno, la scultura è firmata dall’artista in filo di ferro.

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Pinosio si concentra su oggetti abituali del nostro passato e presente. Forme a cui ognuno di noi riconosce una chiara identità, fatta di personali ricordi, emozioni e momenti di vita. Sono oggetti che conosciamo bene e nel dialogare con essi l’artista, in realtà, dialoga con noi. Da apparente mera astrazione di forme, il lavoro di Pinosio ci induce in una sorprendente introspezione: l’oggetto, affrancandosi dal volume del “comunemente conosciuto”, parla di sé come mai ha fatto prima, donando a noi spettatori una conoscenza del tutto nuova, rigenerata, su ciò abbiamo sempre pensato di conoscere.

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“Quelli di Giovanni Pinosio sono oggetti che rivendicano la propria dignità e lo fanno in maniera garbata, senza peso alcuno”. Riccardo Benedini

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